Timidissimo vive nelle foreste, soprattutto di latifoglie, nelle zone rocciose montane e nelle valli più impervie della Sardegna. E’ molto agile e veloce nell’arrampicarsi sugli alberi; attivo soprattutto all’alba e al tramonto, meno nelle ore notturne, trascorre il giorno nella sua tana o nascosto tra la vegetazione. Cacciatore infallibile si nutre di vertebrati di piccola e media taglia vivi, come topi selvatici, topi quercini e ghiri, piccoli passeriformi, rettili e anfibi. Anche la pernice sarda, la lepre ed il coniglio, se sono presenti nella zona in cui vive per il gatto selvatico sardo sono prede succulente.

foto di Ignazio Pillitu

Come i suoi parenti domestici, ha l’abitudine di affilarsi le unghie sui tronchi degli alberi, attività con la quale lascia anche tracce olfattive per segnare il suo territorio. Sembra che la sua presenza nell’Isola sia dovuta ai Fenici i quali utilizzavano il gatto africano come animale da compagnia e, a bordo delle loro imbarcazioni, per cacciare i ratti. Probabilmente qualche esemplare fuggito dalle navi fenice si è rifugiato sulle montagne sarde dove si è stanziato evolvendosi in un gatto selvatico con caratteristiche peculiari che lo hanno reso unico. È più piccolo del gatto selvatico europeo, misura infatti 50-70 cm e il maschio pesa fino a 3 chili, mentre la femmina non arriva a 2 chili.

foto di Ignazio Pillitu

Il suo manto è grigio a striature più scure, ha una caratteristica coda, lunga circa metà del corpo, che termina di netto come se fosse tagliata, ma ciò che lo caratterizza maggiormente sono dei ciuffi di pelo più evidenti sulla cima delle orecchie. In sardo si chiama “Pisittu aresti”, gatto selvatico, e vista la sua indole solitaria, la parola aresti viene anche usata per definire le persone poco socievoli. Gli unici momenti di socialità infatti per il Felis Lybica Sarda sono quelli legati all’accoppiamento e all’accudimento della prole. Si riproduce solo una volta all’anno e già dopo tre mesi i cuccioli diventano autonomi.

Il gatto selvatico sardo è molto raro, rientra nelle specie protette grazie a una legge regionale del 1998, ed è molto difficile riuscire a fotografarlo. Le foto dei primi piani sono di Ignazio Pillitu e rappresentano un esemplare imbalsamato del Museo Minerario di Iglesias.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda