L’Ogliastra si conferma terra di longevità.

Oggi a Villagrande, “tziu” Mario Firinu, classe 1920, festeggia i primi 102 anni circondato dall’affetto dei propri familiari.

 

L’ultracentenario ogliastrino, allegro ed espansivo, si porta dietro dagli anni passati la grande passione per la fotografia Ama particolarmente i selfie, così può guardarsi nello schermo dello smartphone mentre si scatta.

 

 

 

 

L’articolo Ogliastra terra di longevità, “tziu” Mario Firinu di Villagrande festeggia 102 anni proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Timidissimo vive nelle foreste, soprattutto di latifoglie, nelle zone rocciose montane e nelle valli più impervie della Sardegna. E’ molto agile e veloce nell’arrampicarsi sugli alberi; attivo soprattutto all’alba e al tramonto, meno nelle ore notturne, trascorre il giorno nella sua tana o nascosto tra la vegetazione. Cacciatore infallibile si nutre di vertebrati di piccola e media taglia vivi, come topi selvatici, topi quercini e ghiri, piccoli passeriformi, rettili e anfibi. Anche la pernice sarda, la lepre ed il coniglio, se sono presenti nella zona in cui vive per il gatto selvatico sardo sono prede succulente.

foto di Ignazio Pillitu

Come i suoi parenti domestici, ha l’abitudine di affilarsi le unghie sui tronchi degli alberi, attività con la quale lascia anche tracce olfattive per segnare il suo territorio. Sembra che la sua presenza nell’Isola sia dovuta ai Fenici i quali utilizzavano il gatto africano come animale da compagnia e, a bordo delle loro imbarcazioni, per cacciare i ratti. Probabilmente qualche esemplare fuggito dalle navi fenice si è rifugiato sulle montagne sarde dove si è stanziato evolvendosi in un gatto selvatico con caratteristiche peculiari che lo hanno reso unico. È più piccolo del gatto selvatico europeo, misura infatti 50-70 cm e il maschio pesa fino a 3 chili, mentre la femmina non arriva a 2 chili.

foto di Ignazio Pillitu

Il suo manto è grigio a striature più scure, ha una caratteristica coda, lunga circa metà del corpo, che termina di netto come se fosse tagliata, ma ciò che lo caratterizza maggiormente sono dei ciuffi di pelo più evidenti sulla cima delle orecchie. In sardo si chiama “Pisittu aresti”, gatto selvatico, e vista la sua indole solitaria, la parola aresti viene anche usata per definire le persone poco socievoli. Gli unici momenti di socialità infatti per il Felis Lybica Sarda sono quelli legati all’accoppiamento e all’accudimento della prole. Si riproduce solo una volta all’anno e già dopo tre mesi i cuccioli diventano autonomi.

Il gatto selvatico sardo è molto raro, rientra nelle specie protette grazie a una legge regionale del 1998, ed è molto difficile riuscire a fotografarlo. Le foto dei primi piani sono di Ignazio Pillitu e rappresentano un esemplare imbalsamato del Museo Minerario di Iglesias.

L’articolo Lo sapevate? Il gatto selvatico sardo, fu portato in Sardegna dai Fenici e vive solo nella nostra Isola proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Lo zaino è stato preparato da tempo, ovviamente solo lo stretto necessario. I due pullman invece sono stati caricati di tutta la generosità del popolo sardo. Dai medicinali agli alimentari, tutti i generi di prima necessità.

 

Da Cagliari, stadio Sant’Elia, sono partiti i due pullman diretti verso la Polonia, pronti ad accogliere i bimbi orfani sfollati del Donbass e altre province ucraine. Diversi i volontari presenti, insieme a Ugo Cappellacci, presidente della sezione Ucraina dell’Intergruppo Parlamentare, e il console ucraino Anthony Grande. “Abbiamo fatto richiesta per sino a 200 bambini. Già assegnati 96 e ci sono tante famiglie sarde disponibili ad accoglierli”.

 

I saluti di amici e parenti, la missione ha inizio. Da Cagliari verso Olbia, la nave alla volta di Livorno, poi il lungo viaggio alla volta della Polonia, al confine tra Leopoli e Cracovia. “Si pensa di chiudere tutto il 5 marzo. Lì prenderemo i bimbi e gli adolescenti assegnatici e tra il 7 e l’8 marzo saremo di nuovo in Sardegna”.

 

Generi di prima necessità, sì, per i bimbi. Ma anche album da disegno per allietare le lunghe ore di viaggio. La generosità sarda è tanta, ma gli ospiti non saranno subito affidati alle famiglie che ne hanno fatto richiesta. “In Sardegna si individuerà una struttura pronta ad accoglierli, presumibilmente nel Cagliaritano”.

 

L’articolo “96 bimbi ucraini in arrivo, tanti disponibili a ospitarli”: dalla Sardegna due pullman carichi di generosità proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Chissà quante volte vi sarà capitato di sentirvi chiedere da turisti, amici della Penisola o stranieri quale fosse il reale significato della bandiera sarda. Quattro mori in campo bianco divisi da una croce di San Giorgio rossa.

Se ne sono dette tante: leggende, forzature, interpretazioni, ad oggi, comunque, la più credibile e veritiera spiegazione è questa: l’origine del vessillo dei quattro mori, simbolo della Sardegna, sarebbe legato alle vicende belliche della Corona di Aragona, che dominò la Sardegna dal 1324 al 1479 (poi dall’unione con il regno di Castiglia nacque la Corona di Spagna). La tradizione vede le quattro teste del vessillo come le teste dei quattro capi saraceni sconfitti e uccisi da re Pietro I d’Aragona nel 1096 ad Alcoraz, dove l’esercito aragonese avrebbe ottenuto la vittoria unicamente grazie all’intervento di San Giorgio che apparve sul campo di battaglia nelle vesti di un cavaliere bianco con una croce rossa sul petto.

Il vessillo sarebbe quindi la celebrazione di quella vittoria. Nel tempo gli Aragonesi rimasero fedeli a San Giorgio. Poi alla fine del Quattrocento gli Aragonesi-Catalani concessero il simbolo dei quattro mori ai Sardi e conservarono i 4 pali rossi in campo giallo come proprio vessillo.

Nel 1718, dopo una piccolissima parentesi asburgica, la Sardegna passò al ducato di Savoia ma mantenne come simbolo la bandiera dei quattro mori. Nel tempo il simbolo è stato più volte interpretato: prima i mori avevano la barba e la corona, poi hanno messo la benda sugli occhi, benda sulla fronte, croce di San Giorgio più grossa, più fine, orecchino nel lobo sì, orecchino no, teste dei mori rivolte a sinistra, teste dei mori rivolte a destra. Interpretazioni, appunto, spesso legate alla connotazione politica dei rappresentanti politici.

Il vessillo da parte dei sardi è quindi un segno di sottomissione alla corona d’Aragona, fatto comunque proprio nel corso del tempo. I Sardi, infatti, sono restii a cambiare questo simbolo che, nonostante qualche piccolo cambiamento, viene mostrato, almeno in certe parti dell’Isola, con grande orgoglio.

C’è però anche chi, coerentemente con le proprie origini, per non accettare simboli di dominazione, avrebbe scelto un altro vessillo: il desdichado, l’albero sradicato simbolo del giudicato d’Arborea, ultimo regno autonomo sardo a resistere alla protervia degli Aragonesi prima e degli Spagnoli poi.

L’articolo Quanti conoscono realmente la vera origine della bandiera dei quattro mori? proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Non solo il fiscalismo statale vessava le finanze già ridottissime dei sardi, ma continue annate agrarie difficili a causa della siccità e l’atavica mancanza di lavoro dei primi anni del ‘900 gettarono le basi per un fenomeno che fino a quel momento era quasi completamente sconosciuto e che non conoscerà tregua fino ai giorni nostri: l’emigrazione. Come scrive Manlio Brigaglia, in Cronologia della Sardegna contemporanea, i quotidiani dell’epoca lanciarono l’allarme sul fenomeno che si stava estendendo in maniera esponenziale. Nei primi sei mesi del 1907 partirono 4325 persone, 2524 dalla provincia di Cagliari e 1801 da quella di Sassari. A settembre dello stesso anno mille minatori di Iglesias si preparavano a partire per sfuggire a una delle tante crisi del settore minerario. Un minatore in Sardegna percepiva mediamente da 1,25 a 1,70 lire al giorno, mentre in Corsica il salario giornaliero poteva arrivare alle 3 lire e mezzo e addirittura in America si diceva ci fossero società che pagavano anche 6 lire al giorno.

Non sempre questi viaggi portavano a un nuovo inizio, i sardi spesso impegnavano tutto ciò che gli restava per pagare la traversata, ma una volta giunti sul posto venivano truffati, a quel punto senza la sicurezza di un lavoro non potevano restare, le autorità locali li reimbarcavano a Marsiglia e da lì poi li riportavano in Sardegna a bordo di navi sulle quali non veniva fornito loro nemmeno cibo o acqua. Si parla di più di 110 anni fa, ovviamente le condizioni in cui i sardi si trasferiscono soprattutto all’estero sono cambiate.

Adesso non sono solo quelli meno istruiti che vanno via. Sempre più giovani con competenze e alta professionalità vanno all’estero per trovare lavoro in aziende o istituti che retribuiscono meglio e soprattutto secondo il merito, i giovani più preparati. Uno studio 2016 rivela che il fenomeno dell’emigrazione è diventato una vera e propria emorragia: in un anno la Sardegna ha perso oltre 5mila abitanti, sono emigrate una media di oltre 400 persone al mese, con il picco a dicembre del 2016, quando hanno lasciato l’Isola, per tornare chissà quando, 994 persone. E non sembra che questo fenomeno ormai centenario, accenni ad arrestarsi.

L’articolo Lo sapevate? Cento anni fa anche gli emigrati sardi venivano reimbarcati per l’Isola senza cibo né acqua proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Il proprietario del Chelsea, Roman Abramovich, ha confermato che il club di Premier League è in vendita.

L’oligarca russo ha dichiarato che “tutti gli utili” della cessione, al netto dei costi, “verranno interamente devoluti ad una fondazione di cui beneficeranno le vittime della guerra in Ucraina. Ciò include la fornitura di fondi essenziali per i bisogni urgenti e immediati delle vittime, nonché il sostegno al lavoro di recupero a lungo termine”: lo ha annunciato con un comunicato stampa.

Sulla vendita del club londinese, Abramovich, che aveva acquistato il Chelsea nel 2003, ha affermato che “è nel miglior interesse del club la vendita”.

 

L’articolo Abramovich: “Vendo il Chelsea, utili alle vittime della guerra in Ucraina” proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Il padrone, per mettersi in salvo dalle bombe, ha cercato riparo nella metro di Kiev.

Ma non ha lasciato il suo amico a quattro zampe, decidendo di portarlo con sé.

La foto che li ritrae ha fatto già il giro del mondo, partendo dal profilo Instagram ucraine.ua, che giustamente commenta “Non si abbandonano mai i nostri amici”.

 

L’articolo “Non si abbandonano gli amici”. La foto del gatto nella metro di Kiev fa il giro del mondo proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

L’ Avis Comunale di Tortolì in collaborazione con il centro trasfusionale dell’ospedale di Lanusei ha organizzato una raccolta di sangue presso la sede Avis di Tortolì in via Temo giovedì 3 marzo dalle 8 alle 11.30.

Bisogna essere maggiorenni ed in buona salute.

Si consiglia di prenotarsi al 3701281311.

 

L’articolo C’è bisogno di sangue. Giovedì una raccolta a Tortolì: come donare proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Una leggenda di Sardegna, riportata da Mariano Cocco nel suo manualetto storiografico, racconta che Giove, il padre degli dei, fosse goloso dell’originalità della cucina nostrana.

Sembra infatti che, in occasione dei banchetti, inviasse il dio Nettuno negli stagni di Cabras e Santa Gilla per fare incetta di pesci, crostacei e molluschi.
Poi, a Diana, dea della caccia, il compito di catturare maialetti e agnelli nelle campagne sarde.
Per quanto riguarda i vini, invece, la scelta veniva affidata ovviamente al figlio Bacco, dio dell’ebbrezza e della sbornia.
Le tre divinità, inoltre, portavano con sé i più abili pescatori e pastori sardi, capaci di cucinare nel miglior modo possibile le leccornie sarde, grazie alla brace preparata dal dio Vulcano.
Ecco così che la coltre di nubi che avvolge la vetta dell’Olimpo, sede del pantheon greco-latino, altro non era che il fumo degli arrosti.

L’articolo Leggende sarde. Giove goloso di maialetto e vini dell’Isola: il fumo degli arrosti sull’Olimpo proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

C’era il tempo in cui la tradizione sarda attribuiva ai comuni mali origini di diverso tipo. Specie quando questi erano soliti colpire i bambini. Così, ecco che a uno dei fastidi più comuni che riguardava gli occhi dei piccini veniva dato un nome curioso e, soprattutto, veniva associato un rito di guarigione particolare.

Si tratta del male de “su prupu”, Il polpo marino che, quando si attacca con le sue ventose sulle mani o sulle braccia, lascia segni rossi per un po’ di tempo. Un arrossamento che spesse volte appariva negli occhi dei bambini, accompagnato da dolori e bruciori, causato da un’infezione o un’infiammazione di varia origine.

Secondo la tradizione sarda e la fede popolare, come riportato anche da Efisio Sanna, il compito di guaritore veniva dato a un pescatore o in generale a chi aveva attraversato il mare.

Seguendo precise formule e riti di preghiera, rivolti prevalentemente alla patrona degli occhi Santa Lucia, il bimbo veniva così curato.

L’articolo Credenze popolari. “Su prupu”: quel bruciore agli occhi dei bambini curato dai pescatori proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Mario Marcis