Sono molte le storie in varie parti della Sardegna che parlano di uomini definiti “selvatici”.

Figure tra mito e fantasia che in passato si celavano nelle zone più impervie dell’Isola, tra le montagne, in mezzo ai fitti boschi secolari dove vivevano cibandosi di selvaggina e di prodotti naturali.

Secondo la tradizione orale popolare, si vestivano di pelli e si celavano agli uomini che vivevano nei paesi.

Solo ai pastori capitava di scorgerli in rare occasioni. Secondo alcuni sarebbero stati i rappresentanti di una razza umana nata e vissuta nelle campagne, ma molto più semplicemente si trattava di persone comuni che per varie tristi vicende avevano scelto – o erano costretti – quella vita.

In “Limba” queste persone venivano definite “arestes” e i racconti riguardanti le loro storie si fanno risalire a varie epoche, anche a quelle recenti.

Il giornalista Antonangelo Liori, nel suo libro “Demoni, miti e riti della Sardegna” del 1992, menziona uno di questi individui che avrebbe vissuto nelle campagne di Baunei.

Pare che fosse originario di un centro lontano dal paese ogliastrino di almeno cinquanta chilometri – non viene nominato il nome – e che, verso l fine degli anni ’60, si nascondesse alle persone e si arrampicasse agilmente sugli alberi.

Avrebbe vissuto nutrendosi di bacche e rubando qualche capra, e il suo rifugio sarebbero state le grotte.

Il giornalista lo avrebbe conosciuto da vecchio all’inizio degli anni ’80, quando non riusciva più a correre e a saltare come un tempo.

La gente del posto aveva creduto alla sua esistenza quando non poteva più nascondersi. Il suo vestiario consisteva in un vecchio abito di velluto e in pelli di pecora. Non riusciva a parlare, a tutti era sconosciuta la sua storia e come fosse arrivato fino alle campagne di Baunei.

Non era un “arestes” dei racconti tramandati tra generazioni davanti al focolare, ma un povero uomo.

 

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda