Il formaggio più pericoloso al mondo o, per dirla come fu scritto nel Guinness dei Primati 2009, “The most dangerous cheese in the world”.

Fa un po’ effetto sentir catalogare il Casu Marzu in questo modo, eppure nel famoso libro dei record, il formaggio “con i vermi” fu definito proprio così. Secondo la casa editrice del Guinness, la pericolosità deriverebbe dal fatto che «eventuali larve rimaste e sopravvissute all’azione di succhi gastrici possono provocare vomito, dolori addominali e diarrea sanguinolenta».

Ma in realtà non si ha evidenza di forme patologiche o disturbi vari connessi al suo consumo. A favore del Casu Marzu si schierarono in molti, dal docente Microbiologia agroalimentare alla facoltà di Veterinaria dell’Università di Sassari Antonio Farris, a un gruppo di consiglieri regionali che chiese all’allora Presidente della Regione Renato Soru di intentare causa contro la società editrice della nota pubblicazione, in quanto la Sardegna era stata “ingiustamente calpestata e vilipesa dalla notizia riportata a pagina 123 della versione italiana del libro“, fino ai tanti estimatori di quella che nell’Isola è considerata una vera e propria prelibatezza.

Certo, le qualità benefiche del formaggio marcio non sono dimostrabili (così come quelle nocive), ma l’esplosione di sapore nel palato del Casu Marzu, magari spalmato in una fetta di civraxiu o di pistoccu, sono incontestabili, e il pericolo paventato dal Guinness dei Primati è in realtà semplice allarmismo, dal momento che le larve presenti nel Casu Marzu muoiono proprio a causa dei succhi gastrici dello stomaco umano.

Su Casu Marzu

Ciononostante, le norme tecniche emanate dall’Unione Europea non ne consentono più la produzione ed è proibita dalla legge la commercializzazione, perché in contrasto con le norme igieniche e sanitarie stabilite in sede comunitaria. Per poter salvaguardare questo prodotto la Regione Sardegna lo ha inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani: tale riconoscimento certifica che la produzione è codificata da oltre 25 anni così da poter richiedere una deroga rispetto alle normali norme igienico-sanitarie.

In antichità, nella società pastorale sarda, si pensava che su Casu Marzu fosse il frutto di riti magici e di inspiegabili eventi sopranaturali. Per cercare di dare una spiegazione scientifica al fenomeno che trasformava il pecorino o il fiore sardo in quella leccornia cremosa, si pensò che in seguito alla fermentazione naturale  di una forma di  formaggio realizzata con latte crudo appena munto, a causa dell’alta temperatura nelle giornate di  scirocco nel mese di settembre (Cabidanni, termine che deriva dal latino “Caput Anni” in quanto col calendario Giuliano l’anno iniziava a settembre), venisse prodotta quell’inusuale pasta morbida, burrosa, succulenta e piccante nello stesso momento.

La mosca casearia, l’insetto grazie al quale si ottiene il casu marzu

In realtà il processo che porta alla trasformazione della forma di formaggio in casu marzu (trad. formaggio marcio) viene ancora ottenuto in modo naturale grazie alla deposizione delle uova da parte della Piophila casei (conosciuta anche come mosca casearia), dalle quali nascono poi delle larve che si nutrono del formaggio stesso essa, in particolare durante il periodo primaverile ed estivo. Gli accorgimenti per creare le condizioni favorevoli per la riproduzione della Phiophila casei sono quella di accorciare ridurre i tempi della salamoia e praticare sulla forma dei piccoli buchi colmati poi di olio, in modo da ammorbidire la crosta e attirare l’insetto. Ulteriori “trucchi” per favorire l’attacco della mosca del formaggio, sono quelli di di limitare il rivoltamento delle forme di pecorino e conservarle in luogi aperti. Dopo la schiusa le larve trasformano con i loro enzimi la pasta casearia, del pecorino, in una morbida crema. Una volta raggiunto il giusto grado di fermentazione e il proliferare delle larve, la forma viene aperta togliendo la parte superiore (su tappu). L’interno della forma si presenta composto da una crema omogenea di colore giallastro e dal sapore molto particolare e pungente.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda