«C’è chi vede la luce e diventa prete e c’è chi vede un film di Rocco Siffredi e si apre un Sexy Shop. Ed è più o meno andata così quando ho capito l’importanza di un’attività come la mia da dipendente, ancor prima di divenirne proprietario.»

Salvatore Monni, conosciuto anche per essere il Batman che regala sorrisi ai bimbi malati, ci racconta cosa vuol dire nel 2023 – epoca che si definisce moderna ma nella quale ancora il sesso e le varie pratiche attorno ad esso sono considerate tabù – gestire un sexy shop, a 23 anni dall’apertura. E lo fa con una chiarezza e una serenità uniche, che d’altronde ben si sposano con quello che è il sesso (tra persone maggiorenni e consenzienti, sia chiaro): un atto naturale, genuino, bello. Uno dei piaceri della vita.

«È a tutti gli effetti un lavoro socialmente utile: arrivi a questa consapevolezza quando ti rendi conto di quanto possa migliorare la vita delle persone. Mi è sempre piaciuta, infatti, l’idea di trovare un lavoro che contribuisse a cambiare le idee della gente, per rendere il mondo un posto più libero da pregiudizi: questa sfida si chiamava Porky’s. Mai nessun imbarazzo e mai nessuna vergogna, solo orgogliosamente al comando del mio negozio contro i preconcetti morali e culturali instillati dalla nascita.»

Eh sì, perché Monni dà un insegnamento importante: «Solo chi è libero mentalmente può dire di aver vissuto una vita soddisfacente sotto tutti i punti di vista.»

La sua missione? Dimostrare che questa realtà è normalità, senza se e senza ma.

«Un tempo l’opinione pubblica sui Sexy Shop era molto negativa, venivano descritti come luoghi moralmente discutibili e frequentati solo da persone con una sessualità distorta e, soprattutto, chi gestiva questi posti era considerato un pervertito. Ho sempre sorriso a certe denominazioni, insomma, non sono poi così pervertito» ride Monni. «In una piccola città come Cagliari poi, dove vigeva la mentalità provinciale, non era raro vedere determinate persone entrare di notte con gli occhiali da sole ed il cappello in testa per sentirsi irriconoscibili.»

Insomma, sì all’entrata in negozio e all’acquisto, no al riconoscimento, che poi era – ed è, in alcuni casi – la regola d’oro: fai quel che ti pare, ma non farti riconoscere.

«È insano!” “È peccato!” “Vergogna!” gridavano i conservatori e i puritani con la convinzione che un’assoluzione la domenica nel confessionale di una chiesa avrebbe lavato via i loro di peccati» scherza Monni. «Tuttavia, negli ultimi decenni, l’atteggiamento generale verso i Sexy Shop è inesorabilmente cambiato, c’è una maggior accettazione e normalizzazione della propria sessualità. Complici l’evoluzione e l’apertura mentale globale che finalmente hanno reso questo mondo più normale.»

E, dice il gestore del sexy shop cagliaritano, è cambiata anche la clientela.

«Se un tempo era tipicamente maschile, ora anche la percentuale femminile è uguale, mentre la tendenza di frequentazione delle coppie sta aumentando sempre più.»

Ma non solo: «Finalmente se ne riconoscono il valore ed i benefici, in primis quello di esplorare la propria sessualità in modo consapevole e sano. Ne è testimone Alessia (tutti i nomi sono di fantasia), 20 anni, la cui Psicanalista ha consigliato il tanto controverso vibratore per abbattere quel blocco mentale che non le permetteva di vivere completamente i rapporti sessuali con il suo fidanzato. Oppure Guido, 71 anni ed un’operazione alla prostata: su indicazione del suo Urologo acquista una pompa a vuoto per una disfunzione erettile legata all’intervento. E ancora Barbara, 40 anni e 2 figli. La sua ginecologa le suggerisce le palline di Kegel per esercizi mirati al pavimento pelvico. Nomi di fantasia, sì, ma fatti realmente accaduti che fanno capire il valore, riconosciuto anche dai medici, di un sex toy.»

Ma, per quanto sulla strada giusta – e nonostante i comprovati benefici psicofisici dei sex toys –, non siamo ancora salvi: «I retaggi culturali si annidano ancora nella mente e nei comportamenti di alcune persone per le quali entrare in un Sexy Shop è ancora un peccato… ma il vero peccato è non entrare in un Sexy Shop. Un luogo dove sentirsi liberi dai giudizi della gente, sentirsi sé stessi liberamente, acquistare in maniera sicura prodotti certificati e controllati, essere consigliati da professionisti e molto altro.»

Non è un lavoro semplice, dice Monni: «Bisogna saper ascoltare, comprendere, empatizzare e avere grande sensibilità. Sento la responsabilità di contribuire in maniera efficace all’esigenza del cliente, qualunque essa sia, perché la soddisfazione del cliente è principalmente la mia. Un acquisto di un Gadget per un compleanno si tramuterà in un momento carico di goliardia tra amici. Oppure l’acquisto di un completo intimo darà vita ad una serata seducente in compagnia del partner, la scelta di un Sex Toy porterà ad un’intrigante istante di complicità.»

Insomma, continua Monni, guai a chiamarli oggetti, perché racchiudono al proprio interno molto di più: «Sensazioni, intense emozioni, attimi di sentimento che fanno parte della vita, che la rendono più bella, libera, entusiasmante. In ogni articolo c’è una parte di me che vivrà il momento per cui è stato acquistato. “Il sesso è una cosa molto bella tra due persone, in cinque è fantastica!” diceva Woody Allen, quindi il mio consiglio è quello di vivere la propria vita sessuale e mentale liberamente.»

«Sperimentare sempre, prima di poter dire che non fa per noi» chiude. «Osare per conoscere e superare i propri limiti. Godere intensamente quei momenti che solo un sex toys ti può dare. Tutto questo è un sexy shop per cui l’unica domanda che si dovrebbe fare a sé stessi è: “Perché no?”»

L’articolo «Sex toys? Non sono solo oggetti»: Salvatore Monni ci apre le porte del suo sexy shop proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Michela Girardi