Inarrestabile, la quarantenne runner/scrittrice tortoliese Maena Delrio corre a più non posso verso i suoi traguardi – siano essi in pista o letterari – e questa volta ci stupisce dandoci in pasto un thriller mozzafiato ambientato proprio nella sua città: Tortolì.

“Gli impiccati non muoiono subito”, vincitore del concorso letterario “Misteri d’Italia” promosso dall’associazione Nati per Scrivere, è un noir denso di mistero, di segreti, di cose da sussurrare a mezza voce. Parla del potere della corruzione e di quando l’animo umano possa rendersi lercio. Parla anche di Sardegna, la stessa che si respira tra le righe, e di una terra che abbraccia chiunque la senta nel cuore. Ah, e parla anche di donne, di donne forti per la precisione, che riescono a barcamenarsi, con astuzia, in ambienti dove ancora c’è una prevalenza maschile.

Impossibile non innamorarsi dell’ispettrice Marcialis, con il suo portamento fiero e quella forza che la contraddistingue – e anche, perché no, della sua lingua biforcuta.

Impossibile, altresì, non provare pena – si può? – per la Fenudi, che fredda e calcolatrice, è figlia di un meccanismo sbagliato.

Abbiamo, nel libro, due storie parallele, due delitti separati solo dal tempo. Abbiamo il Cinquecento, con il monaco Itochor accusato di un terribile assassinio. E abbiamo i giorni nostri, con la morte di un noto imprenditore locale. E sarà proprio il compito di Marcialis quello di guardare sotto il tappeto di alcune persone.

«La passione per la scrittura è nata nel momento in cui ho imparato a usare carta e penna, credo» racconta la Delrio. «Forse anche prima, perché fin da piccolissima amavo inventare storie, le raccontavo ai miei fratelli e ai miei cugini. Ricordo una volta, sarò stata in terza elementare, mi ero incaponita nel voler scrivere un romanzo di pirati. Avevo riempito un quadernetto a righe, non so che fine abbia fatto. Crescendo, ho accantonato questa passione, in parte perché non mi sentivo all’altezza, ma anche perché troppo presa da altre situazioni che mi riempivano la vita e non mi lasciavano spazio per altro. A trent’anni, la svolta.»

Alla Delrio viene in mente, dal nulla, una storia e sente il bisogno impellente di scriverla, di metterla nero su bianco. E non solo: in poche settimane la termina, dedicandoci ogni momento libero.

«In realtà non so bene cosa rappresenti davvero per me la scrittura» continua. «A seconda dei periodi cambia connotazione, se sono felice è il frutto dell’energia positiva in eccedenza, se sono triste un balsamo per l’anima, se sono arrabbiata riesco a sfogare attraverso di essa la frustrazione. Quando ho cominciato, credo abbia rappresentato una cura. E una rinascita. Non riesco a pensare alla me prima dei trent’anni, perché non mi riconosco. E non so come abbia fatto a comprimere il mio estro creativo per così tanto tempo senza implodere.»

Poi, si butta sui racconti, per perfezionarsi. E vince molti premi: la sua penna arriva, eccome se arriva. E poi l’ispirazione la riporta a una storia più lunga, la sua ultima fatica letteraria.

«L’ambientazione è stata la parte più semplice» spiega, quando il discorso si sposta sulla sua città, teatro del suo thriller. «Da poco, parlando con un altro scrittore decisamente più ferrato di me sia in materia di thriller che di scrittura in generale, abbiamo concordato sul fatto che descrivere posti e scorci di società realmente “vissuti”, sia un valore aggiunto, perché il lettore percepisce tangibili le emozioni provate dallo scrittore e si riconosce in esse. E credo che anche nel mio caso, traspaia prepotentemente l’amore per la mia terra e il mio paese, tanto che chi legge ci vede un po’ di sé, o accusa “il mal di Sardegna”, la profonda nostalgia che solo chi ha visitato la Sardegna almeno una volta nella vita può provare.»

Ma, come è stato detto, due sono le storie che si dipanano parallelamente nella narrazione, uguali di pathos sebbene così distanti.

«Il libro è nato partendo proprio dalla parte “storica”. Sono sempre stata molto curiosa per quel che riguarda le leggende locali, il folklore e la tradizione. Pur non essendo tortoliese di nascita, e forse proprio per questo, da quando vivo qui non ho mai perso l’occasione per documentarmi sul paese e sulle sue storie, in particolare attraverso i racconti degli anziani» chiarisce, energica. «Quella del teatro San Francesco e dei suoi fantasmi credo sia stata una delle prime leggende di cui sono venuta a conoscenza. Perciò, quando mi sono imbattuta nell’articolo di Vistanet che trattava appunto questo tema e che confrontava la fantasia con i fatti storici, è scoccata la scintilla. Avevo “necessità” di una maledizione che nascesse nel passato, tanto potente da “deviare” il presente nella direzione che io volevo far prendere agli eventi, e quale espediente migliore se non l’anatema lanciato addirittura da un gruppo di monaci? In realtà, nel libro, frate Ithocor e i suoi ergono il monastero circa 200 anni prima, rispetto ai fatti realmente accaduti, quindi in epoca giudicare.  Il monastero in realtà nacque nel 1721, e fu chiuso per ordine Regio nel 1766, convertito successivamente a usi civili. La leggenda narra appunto che questi frati furono accusati di fatti gravissimi, come lo stupro e l’omicidio di una giovinetta, oltre all’occultamento del cadavere. E in effetti la sua chiusura improvvisa dopo un operato così breve lascia spazio a parecchie congetture.»

Uscito da appena un mese, “Gli impiccati non muoiono subito” ha avuto una grande accoglienza.

«C’è chi mi ha ringraziato per aver descritto Tortolì e l’assoluta bellezza dei suoi paesaggi, chi si è rivisto in alcune scene e si è addirittura emozionato per certi scambi di battute, come ad esempio l’augurio della madre a Claudia Marcialis, l’ispettrice. “Bai cun Deus, figgia stimara”. Insomma, oltre alla dimensione del giallo, il fatto che fosse ambientato proprio qui e che toccasse anche tematiche non propriamente da thriller, ha incuriosito anche i non amanti del genere.»

Ahimè, nel thriller della Delrio si toccano anche punti delicati, si parla infatti anche del versante marcio della società.

«Non mi è mai passato per la mente di venire attaccata per questo. Sono convinta che chi ama davvero il proprio paese debba anche essere sempre consapevole dei suoi lati oscuri, e non solo dei punti di forza. Soprattutto perché conoscere i difetti di un luogo è il primo passo per poterli migliorare. E anche solo parlarne, sollevare il problema, può fare la differenza. Nello specifico, uno tra tutti, parlo dei problemi legati alla mancanza di lavoro e al lavoro stagionale sottopagato, una piaga di non poco conto per una località che vive soprattutto di turismo. Oltre alla inevitabile guerra tra poveri nei confronti della manodopera estera. C’è da dire che queste situazioni non sono peculiari solo della nostra zona, ma dell’Italia intera. In campo strettamente legato alla stesura del libro, poi, devo ammettere che i tumulti fra i lavoratori potevano rappresentare un capro espiatorio perfetto su cui far vertere un’indagine, era un’idea troppo allettante per lasciarla andare. C’è anche un’altra questione, che per me è importante, e che riprende un concetto che ti ho accennato sopra, e che riguarda il valore aggiunto, che secondo me può fare la differenza, tra un libro dove il lettore non vede l’ora di scoprire l’assassino, e uno in cui l’indagine è sì importante, ma non è tutto. E il genere giallo, se vissuto in quest’ottica, dà al lettore l’opportunità di scavare fino alle origini del “male”, che sia esso scaturito da un fenomeno culturale, psicologico, sociale, individuale o di un gruppo di persone.»

E intanto, come lei stessa confida, è in fermento: «Per il momento, ho un romanzo a metà e sto aspettando di avere il tempo necessario per riprendere le fila e metterci un punto, ma ho una figlia piccola che ha l’argento vivo addosso e non è facile conciliare le sue esigenze con le mie. E infine c’è il primo romanzo che ho scritto, a cui tengo particolarmente, che vorrei vedere pubblicato quanto prima (sarebbe già dovuto uscire nel 2022 ma la casa editrice ha chiuso, perciò ora è al vaglio di altri editori). Ovviamente, anche quello è ambientato in Ogliastra. Magari questo è l’anno buono.»

L’articolo Tortolì tra presente e passato: nel thriller di Maena Delrio anche il “marcio” della società proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Michela Girardi